Mary Wollstonecraft, sua figlia Mary Shelley e Percy Bisshey Shelley
Articolo di Lavinia Capogna
(Aprile 2022)
“Nel pomeriggio di autunno
il giorno diventa
più solenne e sereno: c’è un’armonia
e una lucentezza nel cielo
che d’estate non si sente né si vede,
come se non potesse esistere,
come se non fosse mai esistita!
Possa tu – o Spirito di Bellezza –
dare calma alla vita futura
di uno che adora te
e ogni elemento che ti contiene,
uno che per mezzo tuo
è portato ad amare tutta l’umanità.
( … ) “
Frammento di Percy Bisshey Shelley
Il mondo è debitore a Mary Wollstonecraft per aver scritto un saggio, “A Vindication of the Rights of Woman” nel 1792 (tradotto “I diritti delle donne”), che è stato il primo e uno di più importanti testi femministi mai scritti e per essere stata la madre di Mary Shelley anche se purtroppo Mary Wollstonecraft morì solo 11 giorni dopo la nascita della figlia.
Aveva 38 anni ed aveva vissuto una vita molto avventurosa.
Era nata nel 1759 in Inghilterra in una famiglia gentry, cioè di quella classe sociale a metà tra l’aristocrazia e i grandi proprietari terrieri, suo nonno era stato un ricco commerciante di seta ma suo padre, un uomo violento e alcolizzato, aveva fatto degli investimenti sbagliati. Pochissimo si sa di sua madre eccetto che cercò di proteggere i numerosi figli dal marito.
Nonostante Mary Wollstonecraft abbia avuto una educazione scolastica limitata il suo grande amore per i libri la fece diventare una adolescente colta e piena di interessi sociali. Ad un fratello venne invece riservata una educazione scolastica molto più ampia.
Ci sono rimaste alcune lettere tra lei e una sua grande amica di quando era adolescente, Mary Arden. Sembra che questa amicizia fu l’unica cosa bella in una giovinezza difficile dovuta ai grandi problemi familiari.
Per Mary si aprivano poche possibilità di lavoro, la maggior parte delle donne eccetto quelle povere o quelle della nascente middle class ma cadute in disgrazie economiche, in quel tempo non lavoravano. Per una ragazza della sua classe sociale era possibile però diventare una governante, una bambinaia o una assistente di signore anziane. Mary riuscì a trovare lavoro in questi ambiti, fu accompagnatrice di un’anziana, suscettibile signora e bambinaia di alcuni bambini di una nobile famiglia irlandese, una famiglia però orgogliosa ed avara da cui fu licenziata perché aveva insegnato ai bambini idee molto progressiste.
Ella era una ragazza della seconda parte del 1700, un’epoca di grandi fermenti che che sarebbero culminati nella rivoluzione francese del 1789.
I romanzi inglesi più in voga di quell’epoca come “Clarissa” e “Pamela” di Samuel Richardson o “Eveline” di Frances Fanny Burney, per quanto fossero piacevoli da leggere, trasmettevano un’idea delle donne rinunciataria e conformista.
L’unico obiettivo nella vita delle ragazze era fare un buon matrimonio. I matrimoni erano combinati come accordi sociali ed economici. Le donne non avevano alcun diritto e la maggior parte nessuna istruzione (1).
A 15 anni Mary incontrò Fanny Blood. Il futuro marito di Mary, il riformatore progressista William Godwin, scrisse nel libro “Memories” in cui raccontò la breve vita della moglie, che l’incontro tra Mary e Fanny fu come quello tra Werther e Lotte.
In quello stesso anno, 1774, un giovane apprendista avvocato tedesco venticinquenne, Johann Wolfgang Goethe, aveva pubblicato un libro in gran parte autobiografico “I dolori del giovane Werther” che in pochissimo tempo era diventato il libro più letto in tutta l’Europa. Esso narrava del grande amore non ricambiato di un giovane malinconico per una fanciulla e si concludeva con il suo suicidio. L’effetto emotivo del libro fu così forte che alcuni giovani si suicidarono veramente ritrovando loro stessi nella storia di Werther. La curia di Milano, ad esempio, acquistò tutte le copie cercando in quel modo di renderlo introvabile. Il Werther aveva saputo cogliere un malessere, un’insoddisfazione psicologica e sociale della gioventù del tempo che andava oltre una delusione sentimentale.
Creando un parallelo tra l’incontro di Werther con Lotte, la coprotagonista del romanzo, con quello di Mary e Fanny William Godwin aveva dato ad esso una netta sfumatura sentimentale che poteva ben essere percepita dai lettori dell’epoca.
Forse il parallelo era anche stato suggerito a Godwin dal fatto che sia Lotte nel romanzo sia Fanny nella realtà durante il primo incontro stavano dando da mangiare ai loro fratelli più piccoli.
Così Godwin descriveva l’incontro tra Mary e Fanny:
“Lei venne condotta alla porta di una casa piccola ma arredata con particolare pulizia (…) la prima cosa che catturò la sua attenzione fu una ragazza, snella ed aggraziata, che era intenta a dare da mangiare ed intrattenere alcuni bambini suoi fratelli ma molto più giovani.
L’impressione che Mary ricevette da questo spettacolo fu indelebile, prima che il colloquio fosse terminato nel suo cuore era nato l’entusiasmo di una eterna amicizia (verso Fanny) “
William Godwin scrisse anche che Mary ” aveva contratto (per Fanny) un’amicizia così fervente, che per anni avrebbe costituito la passione
della sua mente “.
Mary stessa scrisse a Fanny che il suo sentimento verso di lei “assomigliava ad una passione” e che “era quasi, ma non del tutto, quello di un marito ben intenzionato”.
Vi era tra le due ragazze la grande energia e la purezza di cuore delle amicizie della gioventù, che si apre alle speranze della vita, ed anche una tensione sentimentale.
Bisogna anche tener presente che nel 1700 questi sentimenti purché platonici tra ragazze non erano malvisti come lo sarebbero stati nel 1800. Ad esempio Isabella di Parma aveva scritto inequivocabili lettere d’amore ad una sua amica che dopo la morte di lei avvenuta a 23 anni la sua amica aveva consegnato al marito di Isabella, Joseph II, imperatore del Sacro Romano Impero (Austria e altri paesi), senza nessuno scandalo ( 2 ).
Un grande affetto tra due ragazze era comunque preferito ad un flirt con un ragazzo perché ogni relazione tra una ragazza e un ragazzo prima del matrimonio era proibita e il grande terrore dei genitori era che le figlie rimanessero incinte senza essere sposate.
Un esempio famoso di romantic friendship era quello contemporaneo a Mary e Fanny delle Ladies di Lllangollen.
Sarah ed Eleanor due aristocratiche irlandesi erano fuggite dalle rispettive famiglie abbigliate da ragazzi (beninteso con l’adorato cane di Sara) ed erano approdate nel Wales, una zona mineraria abbastanza selvaggia, dove avrebbero vissuto insieme decenni.
Furono amiche di poeti tra cui Woodsworth che dedicò loro una poesia in cui parlò di “amore che va oltre i confini del tempo”.
A noi moderni la loro unione che durò tutta la vita appare più come un felice matrimonio piuttosto che una romantic friendship come venne percepita da alcuni contemporanei ( 3 ).
Fanny proveniva da una famiglia colta ma in difficoltà economiche.
Era una pittrice e sapeva dipingere con molta grazia i fiori. Era frequente nel 1700 dipingere minuziosamente fiori anche perché queste immagini erano richieste, dietro pagamento, per i libri di botanica e di scienze per offrirli come esempi eloquenti ai lettori. Erano disegni molto accurati che riproducevano perfettamente i fiori, le loro parti, i loro colori.
L’autore di un libro richiese le opere di Fanny ed ella potè così aiutare economicamente la sua famiglia.
In seguito Mary, le sue sorelle e Fanny aprirono una scuola privata per ragazze.
Ma i giorni felici della loro amicizia vennero turbati da una difficile situazione familiare relativa ad una sorella di Mary. Ella aveva un esaurimento nervoso dovuto ad parto ed un marito detestabile.
Mary la convinse a lasciarlo e l’aiutò a fuggire.
Mary aveva incominciato a frequentare circoli progressisti di persone che avevano visioni della vita diverse dalla maggioranza ignorante e conformista: la società doveva essere egualitaria, i privilegi e i pregiudizi dovevano essere abbattuti.
Aveva trovato lavoro in un casa editrice e divenne traduttrice. Conosceva bene il francese e tradusse tre libri da quella lingua ma quando le diedero da tradurre un libro in italiano lei onestamente non accettò non conoscendo la lingua rinunciando al denaro di cui aveva necessità.
Nel frattempo Fanny aveva accettato la proposta di matrimonio di un suo ammiratore di lunga data, Hugh Skies, un mercante di vini di Dublino, e si erano trasferiti a vivere a Lisbona in Portogallo.
A 27 anni Fanny rimase incinta ma le sue condizioni fisiche erano disperate. Ella scrisse a Mary e Mary affrontò un difficile viaggio, a quei tempi in cui era possibile solo viaggiare in carrozze pubbliche molto disagiate o in navi strapiene di gente e alla mercé dei venti e delle tempeste, dall’Inghilterra al Portogallo per raggiungere la sua amica.
La morte di Fanny nel fiore degli anni a causa del parto fu il grande dolore di Mary.
Qualche tempo dopo ella scrisse un romanzo parzialmente ispirato a lei.
Mary ebbe poi una romantica amicizia con Johann Heinrich Füssli, un intellettuale e pittore svizzero cinquantenne, che in Inghilterra aveva cambiato il suo nome in Henry Fuseli.
Egli è l’autore del famoso quadro “L’ incubo” che si trova a Detroit.
Sembra che fosse un tipo abbastanza luciferino e che la relazione con Mary rimase più immaginaria che reale in quanto era sposato.
Mary ebbe l’ardire di suonare alla porta della casa di Fuseli e di proporre alla moglie di lui di convivere tutti e tre insieme, proposta che venne accolta male dalla moglie del pittore.
L’episodio così narrato nelle biografie ha certamente qualche tassello mancante.
Nel 1792 a 33 anni Mary si trasferì a Parigi. Moltissimi intellettuali europei avevano aderito alla rivoluzione francese. La rivoluzione francese aveva proclamato l’eguaglianza di tutti gli uomini (intendendo perciò anche le donne) come aveva già fatto quella americana nel 1776 ma con maggior volontà di distruggere la società precedente. Alcuni gruppi politici si combattevano tra di loro. Mary aderì ai girondini che erano i migliori, progressisti ma non sanguinari come Robespierre e i giacobini. Ella intravide anche i reali di Francia e nonostante disapprovasse la loro politica le sue descrizioni sono commoventi: vide Maria Antonietta, elegante e fragile simbolo dell’Ancient régime, come era chiamata la monarchia borbonica, circondata da donne del popolo furiose e scapigliate e vide della sua finestra parigina passare la carrozza aperta con il Re, Luigi XVI, condotto alla ghigliottina: il re era circondato da militari con le loro giubbe grigie, nella strada deserta qualche colpo di tamburo rendeva l’atmosfera ancora più funebre e surreale e Mary scoppiò a piangere vedendo che il re che affrontava con dignità il percorso ineluttabile verso la morte.
A Parigi Mary incontrò il capitano Gilbert Imlay, un americano che aveva partecipato alla rivoluzione nel suo paese.
Tra di loro nacque un amore.
Quando Robespierre prese il potere iniziò una crudele e sistematica eliminazioni di tutti gli avversari. Venne votata una legge sui sospetti per cui si poteva finire sulla ghigliottina solo perché un vicino di casa aveva asserito che si era controrivoluzionari.
Anche la posizione di Mary che era comunque inglese, quindi di un paese nemico della Francia rivoluzionaria, e che aveva frequentato i circoli girondini poteva essere molto pericolosa. Il suo compagno americano ebbe la buona idea di fare un documento falso e di dichiarare che lei era sua moglie, facendola quindi apparire statunitense.
Tornata in Inghilterra ella e il capitano ebbero una figlia che Mary chiamò Fanny in memoria della sua grande amica.
Il rapporto tra Mary e l’americano divenne difficile quando egli incontrò un’altra donna ed ella si trovò da sola, ripudiata dalla società, con una neonata e senza soldi. Cadde in una grande disperazione e tentò il suicidio ingerendo un’ampia dose di laudano. Il laudano era una bevanda a base di oppio che di solito i medici somministravano a chi era in fin di vita per alleviare dolori o altri sintomi.
Egli riuscì a salvare Mary ma continuò a mantenere un rapporto ambiguo con lei. Ella tentò il suicidio una seconda volta.
In una notte di pioggia si buttò nel Thames ma era destino che non dovesse morire perché un passante si tuffò nel fiume e riuscì a salvarla.
Quando William Godwin pubblicò il libro di memorie relativo a sua moglie si dice che per un secolo ella perdette la sua reputazione: anche se Mary non aveva fatto nulla di male essere stata la compagna di un uomo (il capitano Imlay) senza essere sposata, aver avuto una figlia e aver tentato due volte il suicidio era decisamente troppo per la società britannica del 1800.
É singolare che William Godwin non abbia pensato alle conseguenze che avrebbe avuto il suo libro o forse egli vedeva le cose da una prospettiva talmente diversa dalla maggioranza che non tenne conto dei loro giudizi.
Mary Wollstonecraft venne giudicata immorale anche se non lo era: era due secoli avanti il suo tempo.
É vero che senza nominarla espressamente alcune idee della scrittrice si ritrovano anche nei famosi romanzi di Jane Austen.
Solo alla fine del secolo, cioè del 1800, avvenne la rivalutazione di Mary Wollstonecraft e finalmente la sua opera, “A Vindication of the Rights of Woman”, iniziò ad essere valutata per quello che era, il più importante documento sui diritti delle donne che fosse stato mai stato scritto e che attraverso una attenta analisi sociale individuava nell’istruzione lo strumento per liberare le donne dall’oppressione maschile.
La scrittrice francese Olympe De Gouges che aveva proclamato l’eguaglianza delle donne era finita ai tempi del Terrore sulla ghigliottina e anche Eleonora de Fonseca Pimentel, ex amica e bibliotecaria della regina di Napoli e giornalista, sarebbe stata giustiziata (eufemismo per dire uccisa) sul patibolo nel 1799 per aver capeggiato la rivolta napoletana contro l’assolutismo.
Le donne erano considerate persone infantili se non inferiori che dovevano essere solo belle e sottomesse.
In verità questa visione non è stata ancora del tutto superata. Il fatto che oggi ci siano tanti femminicidi proprio quando le donne hanno iniziato ad essere indipendenti è un tragico dato che dimostra quanto la loro indipendenza sia ancora inaccettabile per una parte degli uomini.
Nel 1796 Mary aveva incontrato finalmente un uomo, che divenne suo marito, con cui aveva affinità elettive, William Godwin.
Godwin era un filosofo e un riformatore che aveva delle idee progressiste, egli è usualmente considerato un padre del socialismo ma fu più un padre dell’anarchia, contestava la società e confidava solo nella ragione dei singoli che avrebbe aperto le porte ad un mondo giusto e consapevole.
Nel 1797 Mary diede alla luce la sua bambina a cui diedero il suo stesso nome, Mary. Purtroppo le complicazioni del parto le provocarono una setticemia. Non esistendo gli antibiotici ella morí a soli 38 anni.
Mary Wollstonecraft Shelley, come lei scelse di chiamarsi la loro figlia non fu da meno dei genitori. Venne educata dal padre secondo i loro principi.
Tuttavia l’infanzia e l’adolescenza di Mary Shelley venne quasi rovinata dalla presenza di un’insopportabile matrigna, la seconda moglie del celebre padre, una donna completamente diversa da Mary Wollstonecraft, conformista, saccente e disinteressata alla letteratura. I poeti amici di Godwin restarono stupefatti quando si seppe che lui le aveva fatto una proposta di matrimonio. È anche vero che egli non sapeva cavarsela come vedovo alle prese con la figlia Mary e con Fanny di qualche anno più grande che stava crescendo con lui anziché con suo padre, il fuggitivo capitano Gilbert Imlay.
Da adolescente Mary Shelley usava andare molto spesso al vicino cimitero sulla tomba di sua madre e parlare a lei a lungo.
Era appassionata di spiritismo.
Durante l’adolescenza ella aveva fatto una grande amicizia con una coetanea scozzese, Isabelle Baxter.
Nel 1851 quando morì a 54 anni le lasciò un vitalizio.
A proposito dell’amicizia Mary Shelley avrebbe scritto nel suo libro più celebre, “Frankenstein”:
“Siamo tutte creature incomplete, dimezzate, se qualcuno più saggio, migliore, più caro a noi di noi stessi – e tale è un amico – non ci aiuta a perfezionare la nostra debole, imperfetta natura. Vi è stato un tempo in cui ho avuto un amico ed era la più nobile delle creature, e perciò posso ben valutare l’amicizia”.
Mary Shelley che era bella, pallida, bionda ed evanescente, con una tendenza alla malinconia, conobbe Percy Bisshey Shelley nel 1813 quando aveva 16 anni, lui era un affascinante ragazzo di 21 anni, con gli occhi azzurri e i capelli castani, dai tratti delicati e femminili.
Anche se non aveva scritto fino ad allora molte poesie sapeva di essere un poeta e sarebbe diventato uno dei poeti di maggior talento del secolo.
Percy Bisshey Shelley era un fervente seguace delle idee libertarie di Godwin e addirittura aveva scritto un saggio sull’ateismo insieme al suo amico Thomas Jefferson Hogg per il quale erano stati espulsi da Oxford. In realtà Shelley, come sostiene uno studioso della sua opera, era più un panteista che un ateo. Era inoltre pacifista e vegetariano, due cose rare a quei tempi delle guerre napoleoniche.
A 21 anni egli era già sposato da due anni con Harriet Westbrook, la figlia di un venditore di caffè di Londra, avevano una bambina ed Harriett era in attesa di un altro figlio da lui ma nel 1814 Shelley insieme a Mary Shelley ed alla sorellastra di lei, Claire, lasciò la sua famiglia e fuggì in Francia.
Vennero raggiunti in una locanda a Calais da un furibondo Godwin che intimò alla figlia di tornare a Londra ma di fronte al rifiuto di lei fu costretto a lasciarli andare.
Raggiunsero Parigi e vissero per quasi due mesi in Europa, poveri ma felici.
Fu così che Shelley perse la sua reputazione: era un uomo sposato che aveva rapito due minorenni !
In realtà Mary Shelley era molto innamorata del suo compagno.
Essi avevano messo in pratica le idee di William Godwin e Mary Wollstonecraft sull’amore che erano basate giustamente su un rapporto paritario tra uomo e donna e non sulla ipocrisia dei matrimoni del tempo.
Tuttavia Godwin la prese malissimo e non volle più parlare con la figlia, anche se continuò ad accettare i soldi che Shelley gli inviava perché si trovava in difficoltà economiche, fino al tragico anno 1816 in cui avvennero due suicidi.
La moglie di Shelley, Harriett Westbrook Shelley, si suicidò gettandosi nel lago Serpentine nel centralissimo Hyde Park a Londra. Shelley tentò in tutti i modi di ottenere l’affidamento dei suoi figli ma gli venne rifiutata per via delle sue idee politiche; si asserì in tribunale, vero o falso che fosse, che Harriett fosse instabile, alcolizzata, tossicodipendente, che esercitasse la prostituzione e in più era incinta al momento del suicidio, non si seppe mai di chi.
Nel tempo ci sono stati difensori e denigratori di Harriet. Lo scrittore americano Mark Twain avrebbe scritto un libro in sua difesa. Un amico la decrisse come una ragazza amabile e gentile e lei prima di suicidarsi lasciò una lettera struggente.
L’altro suicidio invece fu quello della infelice Fanny Imlay, sorellastra di Mary Shelley, che ingerì una overdose di laudano anche lei dopo aver lasciato una lettera commovente.
Mary scrisse una lettera a suo padre William Goldwin e si riavvicinarono anche perché Mary e Shelley poterono sposarsi.
Era l’epoca del nascente Romanticismo in Inghilterra che era non solo una corrente letteraria ma anche una Weltanschauung, una visione della vita, per usare un vocabolo caro alla filosofia.
Era in gran voga in Inghilterra allora “Il poema di Ossian” scritto da un certo MacPherson, i romanzi storici di Walter Scott avevano un gran successo e così i racconti gotici che avrebbero poi influenzato “Cime tempestose” capolavoro di una misconosciuta ragazza di campagna, Emily Brönte.
Anche la natura ebbe un ruolo preponderante nelle liriche del Romanticismo.
Per tutti i poeti inglesi dell’epoca potrebbe valere l’antica frase “genio e sregolatezza”. Il più morigerato di loro era John Keats, autore di splendide liriche tra cui “Ode ad un’urna greca” e “Bright Star” dedicata al suo grande amore Fanny Browne. Keats sarebbe deceduto a soli 25 anni in una pensione che si affacciava sulla bellissima scalinata di Trinità dei Monti a Piazza di Spagna a Roma dove era arrivato da pochi mesi nel vano tentativo di migliorare dalla tubercolosi di cui era ammalato, allora incurabile.
William Blake, poeta ed incisore, era uno studioso del trascendentale.
Wordsworth era anche lui di idee progressiste e seguace dell’amore libero come Godwin ed era stato, come Mary Wollstonecraft, in Francia durante la rivoluzione del 1789.
Nel 1798 aveva pubblicato insieme all’amico Coleridge il libro di poesie che aveva dato il via al Romanticismo: “Lyrical Ballads”.
Coleridge, autore anche de “La ballata del vecchio marinaio”, e il poeta De Quincey si erano invece smarriti nell’oppio ma il più scandaloso di tutti era certo il sulfureo Lord Byron, altero, sprezzante ma anche amante della libertà tanto da morire di febbri reumatiche in Grecia, a soli 36 anni, dove era andato a combattere per l’indipendenza del paese, errante viaggiatore in Oriente e in Italia, dichiaratamente bisessuale, dongiovanni, infelicemente sposato con Anne Isabelle Milkbanke da cui si separò dopo la nascita della figlia, tutte cose inammissibili allora.
Oggi invece è la sua relazione sentimentale con la sorellastra, Augusta Leigh, figlia di suo padre e di un’altra donna, con cui Byron ebbe una figlia, che può lasciare perplessi.
Byron suscitò in Inghilterra, per quanto osteggiato dagli aristocratici come lui e dalla nascente borghesia, una vera e propria “byronmania” come venne chiamata.
Anche il grande amore di Jane Eyre, Rochester, nel romanzo di Charlotte Brönte, è un eroe byroniano, torvo e misterioso ( 4 ).Anche George Eliot, autrice di “Middlemarch”, fu una scrittrice libertaria ed anticonformista e altrettanto l’ultimo dei Romantici Lord Alfred Tennyson ( 5 ).
Proprio durante un soggiorno a Ginevra insieme a Lord Byron nel 1815 Mary Shelley, anche lei scrittrice, compose la sua opera letteraria più famosa.
Una sera Lord Byron aveva proposto una gara letteraria per così dire a lei, Shelley e agli altri ospiti: scrivere una storia gotica o di fantasmi.
Mary ebbe nel dormiveglia l’idea di scrivere la storia di un automa creato da uno scienziato e compilò uno dei libri più famosi della letteratura del suo paese: “Frankenstein o il nuovo Prometeo”.
Nonostante l’indiscutibile valore letterario del testo ebbe difficoltà a pubblicarlo, nella prima edizione il suo nome non apparve e venne richiesta una prefazione del marito. Molti credettero che Shelley fosse l’autore di “Frankenstein” – che tra parentesi non è il nome del mostro ma bensì dello scienziato – e solo nella seconda edizione apparve finalmente il nome di Mary.
Nel 1819 nacque a Firenze Percy Florence Shelley, unico figlio della coppia che giunse all’età adulta e che fu molto vicino alla madre.
Mary Shelley fu quasi distrutta dalla morte dei suoi quattro precedenti figli appena nati o di pochi anni nonché da un aborto spontaneo in quasi perse la vita e fu un’ottima madre per Percy Florence.
Nel 1822 Percy Bisshey Shelley morì una settimana prima di compiere 30 anni durante il soggiorno italiano in un tragico naufragio: era partito insieme al suo amico, Thomas Williams,
su una goletta da Lerici e dieci giorni dopo il naufragio i loro corpi vennero ritrovati sulla spiaggia di Viareggio.
Fu il grande dolore di Mary Shelley. Lei aveva solo 25 anni.
Shelley riposa nel cimitero acattolico di Roma, anche detto “Cimitero degli Inglesi”, dove c’è anche la tomba di John Keats.
Nell’ultimo periodo della sua breve vita Shelley era stato, platonicamente forse, innamorato di Jane Williams, moglie di Thomas, e le aveva dedicato, alcune poesie.
Pochi mesi dopo il tragico incidente Mary rispose ad una lettera di Jane scrivendole:
” (…) Perché in verità vivo poco in questo mondo: vivo nel passato e nel futuro e il presente, giorno dopo giorno, svanisce come le figure su una lanterna. Non oso guardarlo.
Odio ogni cosa di me, tutti i miei sentimenti – l’aria – la luce; desidero la morte e non viene; guardo il mio povero ragazzo (Percy Florence) per dire: non vorrei morirei per non lasciarlo; ogni sentimento che ho contrasta l’uno con l’altro ed io non rifugio. Il calice dal quale bevo è molto profondo e tutti i suoi ingredienti sono amari”.
Alcune voci suggerirono che nel 1824 Mary Shelley e Jane Williams ebbero una relazione sentimentale. Un biografo scrisse che Mary Shelley si era “un po’ innamorata di Jane” ed erano andate ad abitare insieme ma poi il loro rapporto si era guastato quando Jane aveva sostenuto che il poeta Shelley era stato veramente innamorato di lei.
Come dimostra una frase, tratta da una sua lettera, Mary Shelley avrebbe avuto dopo la morte del marito solo una o più relazioni sentimentali con donne.
Ebbe anche proposte di matrimonio ed ammiratori ma non volle mai tradire la memoria del marito. Le furono attribuite un paio di relazioni con scrittori ma dai suoi “Diari” e dalle sue “Lettere” emerge chiaramente che furono solo dicerie.
Ella aiutò anche due amiche lesbiche, Isabel Robinson e Mary Diana Dods, ad ottenere falsi passaporti e a vivere come se fossero state sposate in Francia.
L’ampia possibilità che Mary Shelley fosse stata bisessuale ( 6 ) ha suscitato scandalo in Inghilterra dove Mary Shelley e il suo entourage familiare sono un mito, il che dimostra come la maggior parte della gente sia disposta a chiudere un occhio su qualsiasi eccesso eterosessuale ma non sull’amore tra donne.
Recentemente uno studioso ( 7 ) ha fatto l’ipotesi che anche Percy Bisshey Shelley potesse essere stato bisessuale. Un suo amico sosteneva che Thomas Jefferson Hogg, suo grande amico di gioventù, fosse il “suo grande amore” (tuttavia la parola love in inglese è alquanto ambigua perché può indicare sia amore in senso sentimentale sia in senso fraterno), egli tradusse dal greco all’inglese, per la moglie Mary, “Il Simposio” di Platone, qualcuno afferma che il trasferimento in Italia sia avvenuto anche per questo perché in Inghilterra c’era una severa legge contro gli omosessuali ed infine egli era amico di Byron, certamente bisessuale.
Mary Shelley continuò a scrivere e ad occuparsi della pubblicazione delle opere del marito fino alla sua morte, avvenuta, a 54 anni. Ella era molto serena e rassicurò il figlio e la nuora che avrebbe rivisto presto il suo amato marito Percy Bisshey Shelley.
Note:
1) Per chi volesse leggere di più sulla vita delle donne nel primo 1800 mi permetto di suggerire il mio articolo “George Sand, una bella vita”
2) Vedi: Isabelle de Bourbon-Parme, « Je meurs d’amour pour toi » Lettres à l’archiduchesse Marie-Christine, 1741-1763, édition établie par Élisabeth Badinter, Paris, Tallandier, 2008
3) per chi volesse leggere di più su le Ladies di Lllangollen mi permetto di suggerire il mio articolo “Sarah e Eleonor, due irlandesi in fuga dalla società convenzionale”
4) ispirandosi al personaggio di Rochester che tiene nascosta nella soffitta la sua folle, prima moglie Sandra Gilbert e Susan Gumper scrissero nel 1979 il saggio femminista sulle eroine dei libri romantici inglesi “The Madwoman in the Attic” (La pazza nell’attico)
5 ) per chi volesse leggere di più su Lord Tennyson mi permetto di suggerire il mio articolo “Alfred Tennyson, il cuore di un poeta”.
6 ) “Does it matter if Mary Shelley was bisexual ? “
Articolo del dottor Fern Riddell su “The Guardian” del 7 novembre 2019
7 ) vedi: John Lauritsen, The Shelley-Byron Men: Lost angels of a ruined paradise, Pagan Press 2017
Sono state scritte parecchie biografie in Inghilterra su Mary Shelley e sua madre Mary Wollstonecraft che ho letto per scrivere questo articolo e che non cito per ragioni di spazio.
Sono stati realizzati anche due film, nel 1986 “Gothic” del trasgressivo regista Ken Russell che racconta molto liberamente il soggiorno a Ginevra e nel 2018 “Mary Shelley” diretto dalla regista Haifaa al Mansour, molto fedele storicamente e che ha una bella ricostruzione di Londra nel primo Ottocento, e un paio di serie televisive.