Maria Antonietta e l’eclisse di un mondo

Articolo di Lavinia Capogna
(Dicembre 2022)

“C’est dans le malheur qu’on sent d’avantage ce qu’on est” (È nella disgrazia che si sente di più ciò che si è) da una lettera di Maria Antonietta 

Maria Antonietta, ultima regina di Francia, è uno dei personaggi storici più conosciuti.

La sua vita, durata solo 37 anni e che si concluse con la condanna a morte il 16 ottobre 1793 nella piazza della Concordia a Parigi, dopo un processo durato solo due giorni e a dir poco vergognoso, fu in gran parte molto sfortunata.

La sua prima sfortuna fu di essere stata convinta a soli 15 anni ad accettare la proposta di matrimonio dei parenti di un coetaneo, Louis, futuro re di Francia. Le famiglie reali d’Europa erano imparentate fra di loro per motivi di potere ed economici. Il matrimonio avrebbe anche sancito la pace tra i Capeto e gli Asburgo.

Basta leggere il famoso libro “I re taumaturghi” di Marc Bloch per accorgersi quanto i Capeto fossero potenti. Come tutte le famiglie reali credevano che il loro potere discendesse direttamente da Dio, la loro ricchezza e i loro privilegi erano immensi ma c’era un prezzo da pagare: la vita in una corte piena di intrighi, di maldicenze, di essere costantemente sotto gli occhi di tutti e giudicati.

Maria Antonietta era nata nel 1755 a Vienna. Suo padre era l’imperatore Francesco I, che sembra essere stato un buon padre per i suoi numerosi figli, sua madre, che sarebbe diventata imperatrice, era Maria Teresa d’Austria, una donna molto severa e formale che tuttavia ebbe un profondo rapporto con la figlia alimentato dalle loro frequentissime lettere. 

Quando si decideva un matrimonio nelle famiglie reali veniva inviato reciprocamente un ritratto degli aspiranti fidanzati e quello dell’adolescente Louis era stato abbellito. In realtà egli non era bello, aveva un temperamento introverso, inadatto a regnare, e da adulto avrebbe avuto il singolare hobby di fare il fabbro e costruire serrature.

Maria Antonietta era una adolescente molto carina, bionda, con gli occhi azzurri, che più che lo studio amava soprattutto la musica e la danza. Suonava l’arpa, il flauto, un po’ il clavicembalo.

Da bambina aveva giocato nel giardino reale con un bambino prodigio di nome Wolfgang Amadeus Mozart che aveva teneramente osato chiederla in moglie.

La sua partenza da Vienna per recarsi in carrozza con il suo seguito verso Parigi e la corte di Francia per sposare il futuro re venne vissuta con dolore nella famiglia reale austriaca e dalla popolazione.

Il viaggio durò ben tre settimane e ad Aquisgrana un ragazzo francofortese riuscì a scorgerla in carrozza mentre chiacchierava con alcune ragazze del suo seguito: era Johann Wolfgang Goethe, futuro celebre scrittore.

Il matrimonio sembrò iniziare con ciò che venne interpretato come un infausto presagio: quando la giovanissima Maria Antonietta firmò l’atto di matrimonio una macchia nera d’inchiostro coprí il suo nome.

Ella venne subito chiamata dai francesi l’autrichienne cioè l’austriaca e se inizialmente venne considerata carina e gentile più passarono gli anni più Maria Antonietta divenne il simbolo di tutto il male della monarchia, male di cui ella non era responsabile.

Il male della monarchia erano i grandi privilegi dell’aristocrazia e del clero e la grande povertà e diseguaglianze in cui viveva il popolo. Diseguaglianze che erano state giustamente condannate dai filosofi Illuministi come il ginevrino Jean-Jacques Rousseau, l’ironico Voltaire, Condorcet, Diderot et D’Alambert, autori dell’Enciclopedia ed altri che erano ispirati da legislatori come il napoletano Gaetano Filangieri (che tra l’altro aveva sposato una damigella ungherese di Maria Carolina, regina di Napoli e sorella di Maria Antonietta), e dai rivoluzionari delle tredici colonie americane che nel 1776 si erano ribellati alla madrepatria inglese.

Il mondo antico era alla fine. Maria Antonietta non si interessava di politica ed oltretutto il potere era nelle mani di suo marito che si rivelò alquanto scriteriato in questo licenziando, tra l’altro, il ministro Necker quando questo ultimo nel 1789 gli aveva proposto delle riforme.

Maria Antonietta era solo una ragazza affabile e gentile, amante della musica, della danza, degli spettacoli teatrali, di un gioco d’azzardo di carte la faraona, allora assai in voga, e di un altro, simile alla dama, il trick track, con cui gli aristocratici francesi si dilettavano tentando di sfuggire al male del secolo, una misteriosa malinconia che era chiamata l’ennui, la noia. Amava anche i bei vestiti che le cuciva la sua modista Rose Bertin, i bei cappelli, le incredibili acconciature che le faceva il suo parrucchiere Léonard nonché trascorrere il tempo con le amiche di cui parleremo tra breve nel bellissimo Petit Trianon, sua residenza privata nel parco di Versailles.

Non c’era nulla di male in tutto ciò e sarebbe naturale chiedersi se ella si rendesse conto della situazione drammatica del popolo e probabilmente la risposta sarebbe no, di quel Terzo Stato che quando si contò scoprì di essere numericamente più forte della monarchia e del clero. 

La borghesia ancora non esisteva. 

Maria Antonietta era cresciuta ed aveva conosciuto esclusivamente l’ambiente della Corte, prima quella più severa e moderata di Vienna, poi quella più libertina e manierata di Francia. Ella non conosceva la vita delle persone non altolocale. Non aveva visto la povertà. 

Probabilmente lo sfarzo estremo del castello di Versailles era per lei normale.

Invece sua sorella Maria Carolina a Napoli aveva un certo interesse verso le idee degli illuministi, aveva anche nominato sua prima bibliotecaria Eleonora De Fonseca Pimentel, famosa per le sue idee progressiste. Ma questo interesse, comprensibilmente, finì il giorno in cui sua sorella venne ghigliottinata.

Ma al di là della sua intensa vita mondana la vita familiare di Maria Antonietta non era felice. Certamente lei e Louis XVI non erano due persone adatte ad essere sposate, il loro matrimonio era come tanti altri un matrimonio di convenienza non voluto, un matrimonio tra due adolescenti che non si erano mai visti prima e poi di due giovani che non avevano nessun amore o attrazione reciproca e nessun interesse in comune.

Il re era pingue, massiccio, interessato troppo al cibo, al vino e alla caccia, impacciato nelle conversazioni, indeciso e bigotto.

È noto che trascorsero sei anni prima che ci fossero tra di loro rari rapporti coniugali, a cui comunque furono convinti (o obbligati ?) dai parenti per la necessità dei regnanti di avere un figlio maschio, erede al trono.

Il fatto che il loro primo figlio nacque più di sette anni dopo il loro matrimonio suscitò grande malumore tra i francesi. Non mancarono pettegolezzi sul fatto che il padre del Delfino (che era l’appellativo dato al futuro re di Francia) avrebbe potuto essere qualcun altro.

Tutto il malcontento del popolo e dei giovani libertari e degli aristocratici reazionari non favoriti dalla regina si riversò contro di lei.

Il primo motivo era che lei era una donna e il popolo era in gran parte misogino, poi che era una straniera e bisogna dire che, nonostante la bellezza della Francia e l’importanza della sua storia e della sua cultura, il mal francese per eccellenza era ed è il nazionalismo.

In terzo luogo le vennero attribuite delle spese folli. Fu soprannominata Madame Deficit. Certamente il suo stile di vita era molto dispendioso.

Anche “l’affare della collana”, un ingarbugliato fatto di cronaca basato su una frode, che destò grande scandalo contribuì alla sua immagine negativa, anche se in realtà lei non ne era implicata. Una nobildonna decaduta si era fatta passare per lei e aveva ingannato un vescovo facendogli, tra l’altro, acquistare una costosissima collana.

Furono pubblicati centinaia di piccoli libelli osceni contro la regina, opuscoli di dieci o venti pagine di pessimi versi che si vendevano ovunque di soppiatto. Dapprima sembrò che ella non ci avesse fatto troppo caso ma contribuirono a distorcere la sua immagine.

In particolar modo venne accusata di una vita privata scandalosa, di avere degli amanti, accusa vecchia quanto il mondo se rivolta ad una donna.

In realtà l’unico uomo che ebbe una importanza sentimentale nella sua vita fu il bel duca Axel de Fersen, uno svedese con un’aria intelligente che era un uomo riservato, metodico, che aiutò la regina e con cui lei ebbe una corrispondenza epistolare che venne distrutta o censurata.

Alcuni frammenti rimasti testimoniano un amore ma non si sa se platonico oppure no tra lui e Maria Antonietta.

Nei libelli osceni e nelle corti d’Europa altre due amicizie della regina vennero attaccate, prima quella con la principessa di Lamballe e poi quella con la duchessa di Polignac.

L’accusa era di essere lesbiche.

Quella che oggi si chiamerebbe omofobia esplose violentemente contro queste tre donne.

Senza dubbio Maria Antonietta voleva loro molto bene, le favorì estremamente e anche loro ebbero verso di lei un grande affetto.

La principessa di Lamballe era in realtà torinese ed apparteneva alla famiglia dei Savoia. Sembra che fosse un po’ malinconica e nei ritratti ha un viso serio e pensoso.

La duchessa di Polignac era una ragazza molto bella, bionda, con gli occhi azzurri tendenti un po’ al viola e un temperamento dolce e “conquistò” la regina fin da loro primo incontro. A lei Maria Antonietta scrisse quando (Yolande de Polignac) andò in esilio: “Addio alla più tenera delle amiche”.

La rivoluzione scoppiò, come è noto, a Parigi il 14 luglio 1789 con la presa della Bastiglia, che era una vecchia prigione. Non sarebbe qui il caso, né ci sarebbe lo spazio di ripercorrere tutti i frenetici eventi della rivoluzione che fu in realtà un processo storico che sarebbe durato ben dieci anni, in cui si affermarono grandi principi, ci furono lotte intestine tra i vari membri dei club rivoluzionari tra cui i girondini, i foglianti, i giacobini, i sanculotti, l’orrore della guerra fraticida della Vandea dove entrambe le fazioni si scannarono a vicenda, il massacro delle guardie svizzere che difendevano il palazzo reale, il Terrore di Robespierre in cui furono condannate a morte, solo sulla base di sospetti non accertati, migliaia di persone.

I grandi pregi della rivoluzione furono la nascita di uno stato repubblicano con cittadini e non più sudditi, l’abolizione della monarchia, dei pesanti privilegi economici medievali dell’aristocrazia e del clero.

Le pensioni agli anziani e ai malati, ai poveri e alla vedove, l’istituzione della scuola elementare e il divorzio.

La grande colpa della rivoluzione fu l’assassinio di migliaia di persone innocenti e la scristianizzazione della società. 

Parecchie donne parteciparono alla rivoluzione ma non furono accolte le loro richieste e nel 1793 Robespierre abolì i club rivoluzionari femminili, tra le vittime della ghigliottina ci fu la scrittrice Olympe De Gouges, femminista ante litteram.

La rivoluzione finì definitivamente con il colpo di stato del 18 brumaio 1799 attuato da un giovane ambizioso generale, reduce da una vittoriosa campagna d’Italia, Napoleone Bonaparte.

Alcuni paesi dichiararono guerra alla Francia tra cui l’Austria (che si chiamava Sacro Romano Impero) e i regni tedeschi di Prussia e di Assia ma la Francia rivoluzionaria si difese bene. 

Goethe fu presente come osservatore alla battaglia di Valmy dove il giovane esercito del popolo francese e non più mercenario sconfisse i suoi nemici.

Egli scrisse che da quel giorno nasceva un mondo nuovo e lo comprese prima di molti altri.

Nel 1791 la famiglia reale (il re, la regina, i loro due figli bambini e alcune dame di corte) tentarono la fuga all’estero, travestiti da borghesi e sotto falso nome. Il piano era stato progettato da Fersen e dalla regina.

Il re fece l’errore di vestirsi da mastro di posta, presumibilmente se avesse usato i suoi abiti lussuosissimi nessuno avrebbe osato fermarlo ed arrestarlo nella piccola città di Varennes.

Il potere è rappresentato dai suoi simboli. Il re è il re anche perché si veste da re. Vestito da mastro di posta egli tornò ad essere un uomo come gli altri e la famiglia reale divenne ostaggio e prigioniera dell’Assemblea (una specie di parlamento).

I capelli di Maria Antonietta divennero bianchi dopo l’arresto. Ella invecchiò precocemente ed ebbe problemi fisici: aveva solo una trentina d’anni ma i forti traumi emotivi avevano minato la sua salute.

Le sue lettere del tempo denotano anche un grande cambiamento interiore. Ella scriveva con grande sincerità e sapeva descrivere a fondo le sue forti emozioni. 

Inoltre incominciò ad occuparsi di politica e dimostrò una notevole abilità, ebbe contatti con alcuni rivoluzionari e cercò di salvare se stessa e la sua famiglia.

Il re, che sembrava essere precipitato in una specie di apatia anche questa probabilmente causata dai traumi subiti, aveva perso tutto il suo potere e perfino un suo parente stretto votò la sua condanna a morte.

Maria Antonietta nel tempo di prigionia si era riavvicinata al marito e lo aveva sostenuto.

Fersen, la Lamballe e la Polignac tentarono tutto quello che poterono per salvare la regina ma vanamente.

La principessa di Lamballe addirittura ritornò a Parigi dall’esilio ma venne orribilmente massacrata.

Maria Antonietta quando lo seppe da un carceriere svenne.

Nel 1793 venne istituito verso di lei un processo ignobile durato solo due giorni dove venne accusata non solo di essersi appoggiata all’Austria e quindi di essere una traditrice ma addirittura di atti incestuosi verso il figlio che aveva 8 anni.

Di fronte a questa accusa Maria Antonietta ribattè con tanta decisione e sdegno che perfino le popolane presenti tra il pubblico parteggiarono per lei.

Infangare il nome di qualcuno con false accuse sessuali è uno strumento politico che si è usato da sempre. 

Anche la famosa frase a lei attribuita riguardo al popolo affamato senza pane “Perché non mangiano le brioches ?” è ovviamente un falso.

Il 16 ottobre 1793 l’ultima regina di Francia venne condotta su un carro verso la ghigliottina mentre la folla la dileggiava.

Poco prima aveva scritto una lettera di addio a sua cognata che non l’avrebbe mai ricevuta e che sarebbe stata anche lei condannata a morte.

È una lettera ammirabile e commovente in cui perdonava i suoi assassini e chiedeva perdono per le sue colpe: aveva 37 anni ma la ragazza spensierata che si occupava di elegantissimi abiti e cappelli o di suonare l’arpa non esisteva più.

Esisteva una donna che aveva perso tutto, il suo ruolo sociale, gli affetti, la libertà, la reputazione e che ben presto avrebbe perso la vita, che non aveva commesso nessun crimine ma solo l’errore di non aver compreso in tempo la sua epoca.

Suo figlio, che sarebbe diventato re di Francia con il nome di Luigi XVII se non ci fosse stata la rivoluzione, venne affidato ad un uomo, un maniscalco, subì gravi maltrattamenti e morì poco dopo.

Sua figlia riuscì invece a raggiungere l’Austria.

La duchessa di Polignac morì 50 giorni dopo Maria Antonietta esule a Vienna, si disse di dolore.

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