Emily Dickinson, “a beautiful mind”
Articolo di Lavinia Capogna (marzo 2021)
Dedicato a G.
“Questa è la mia lettera al mondo che mai scrisse a me ” questo è l’incipit di quella che probabilmente è la poesia più celebre di Emily Dickinson. Emily Dickinson é ormai da molto tempo tra le più grandi scrittrici e scrittori americani.
Tutte le sue poesie, che sono più di 1700, eccetto dieci che furono pubblicate in un giornale anonimamente e a sua insaputa, sono giunte fino a noi solo grazie a sua sorella Lavinia Norcross Dickinson. Pochi giorni dopo la scomparsa della poetessa, avvenuta a soli 56 anni, sua sorella trovò, aprendo dei cassetti nella sua camera, le poesie accuratamente ordinate in alcuni pacchetti chiusi con dei nastri. Molto probabilmente Lavinia sapeva che sua sorella maggiore aveva scritto delle poesie perché Emily aveva frequentemente donato fin dalla giovinezza le sue poesie ad alcuni amici e poteva averne lette alcune ai suoi familiari ma forse non era consapevole del valore letterario e della vastità dell’opera. Leggendole Lavinia comprese l’importanza di quella scoperta e con l’aiuto di due amiche che si interessavano di letteratura riuscì a fare una prima scelta che inviò ad una casa editrice. La raccolta venne pubblicata ed ottenne un immediato successo. Da allora le poesie di Emily sono tra le più lette e le più tradotte al mondo. Molte nel corso del tempo le biografie sulla poetessa, gli articoli, le tesi di laurea e la sua casa ad Amherst, vicino Boston, è diventata da tempo un Museo.
Emily Dickinson é anche l’esempio più eclatante di tutte quelle poetesse, di quei poeti, di quelle scrittrici e di quegli scrittori che non hanno avuto in vita la fama che avrebbero meritato o che erano sconosciuti o pressoché sconosciuti. Altri due esempi celebri sono Giacomo Leopardi e Franz Kafka.Tuttavia le donne erano doppiamente discriminate in confronto agli uomini ed Emily Dickinson è veramente un simbolo di tutte quelle donne scrittrici che non hanno avuto la possibilità di farsi conoscere, di pubblicare le loro opere, di avere riscontri economici e soddisfazioni dal loro lavoro.
Le poesie di Emily Dickinson per l’epoca in cui furono scritte sono molto moderne. Non sono poesie strettamente autobiografiche come spesso lo sono quelle di Longfellow, altro grande poeta americano del 1800, dove egli rivelava la sua visione del mondo venata di malinconia o come quelle piene di energia e di forza vitale di Whitman, altro grande poeta contemporaneo di Emily Dickinson. Le poesie di Emily Dickinson hanno uno stile inconfondibile, per chi le conosca anche in modo non troppo approfondito è immediato riconoscere i suoi versi. Esse parlano della natura, di spiritualità, della morte, dell’amore. Rivelano una profonda umanità nella loro forma quasi metafisica e proprio per la loro straordinaria modernità hanno influenzato la poesia del Novecento.
Emily Dickinson nacque nel 1810 a Amherst, una cittadina vicino Boston, nel Massachusetts. Il Massachussetts era una delle tredici colonie fondate nel 1600 dai Puritani arrivati dall’Inghilterra da dove erano fuggiti per ragioni religiose. Il modo di vivere dei puritani era estremamente rigido come è noto, sia nei costumi di vita, sia nel lessico che spesso riprendeva temi biblici. Qualcuno ha scritto che Emily Dickinson è stata l’ultima dei Puritani anche se in realtà la visione della vita di Emily Dickinson era aperta. Semmai ella aveva assorbito la sobrietà e la semplicità dei Puritani
La casa paterna dove ella visse per tutta la vita nella Main Street di Amherst è una bella villa a due piani, arredata molto sobriamente, la sua camera ha solamente pochi mobili di legno, due finestre luminose che si affacciano sul giardino. Il piccolo scrittoio, dove ella scrisse la maggior parte delle sue poesie, è proprio davanti ad una finestra e possiamo immaginare Emily mentre scriveva e vedeva i bellissimi alberi del giardino, con i loro forti colori rossi e gialli, oppure immaginarla la sera, quando il cielo era colmo di stelle ed appariva la luna, e la piccola lampada a petrolio, che ancora è rimasta sul suo scrittoio, era accesa e illuminava con luce flebile i fogli di carta, l’inchiostro e la penna e la grande casa paterna era immersa nel silenzio della notte.
Suo padre Edward Dickinson era un eminente avvocato che aveva anche importanti incarichi politici. Gli studiosi della vita di Emily Dickinson non sono concordi sulla figura di suo padre con cui ella non aveva molta confidenza. Alcuni hanno visto in lui un uomo che favorì che suo talento letterario facendole frequentare un prestigioso collegio per ragazze di buona famiglia e comprandole libri, altri invece hanno visto in lui un padre oppressivo che impedì alla figlia di emergere e di affermarsi. Mi sembra che gli elementi biografici che abbiamo a disposizione, come le lettere, non offrano al momento di optare per una o per l’altra interpretazione. Di sua madre, Emily Norcross, sappiamo pochissimo, era una signora che amava cucinare e che aiutava i poveri della città ma che si ammalò gravemente e per molti anni venne amorevolmente accudita dalle figlie. Emily aveva oltre alla sorella anche un fratello Austin. Austin era un bel ragazzo a cui ella era particolarmente affezionata e che seguendo le orme paterne divenne avvocato come spesso accade tra avvocati.
Della sorella Lavinia non sappiamo nulla eccetto che anche lei come Emily non si sposò e rimase a vivere con Emily dopo l’improvvisa scomparsa del padre, avvenuta durante un viaggio, e la scomparsa della madre.
L’ unica fotografia certa di Emily che é arrivata fino a noi è un dagherrotipo che la ritrae all’età di 16 o 17 anni, è una ragazza con capelli ed occhi castani, delicata, con un’area sensibile e questa sua sensibilità si ritrova anche nelle lettere affettuose e premurose che ella scriveva ai suoi amici. E tra questi certamente la più importante era Susan Gilbert.
Susan Gilbert aveva la stessa età di Emily, era orfana di entrambi i genitori, era intelligente, molto carina, appassionata di matematica ma anche di letteratura e anch’ella poetessa di un certo talento. Si era trasferita ad Amherst da un’altra città presso dei parenti e ben presto tra le due ragazze ventenni nacque una grande amicizia che fu anche un grande sodalizio intellettuale perché Emily leggeva o inviava a Susan le sue poesie chiedendole consigli e circa 200 delle sue poesie sono dedicate a Susan.
Esiste anche una raccolta delle lettere che Emily e Susan si scrissero ( ” Open me Carefully. Emily Dickson’s Intimate Letters to Susan Huntington Dickinson ” a cura di Ellen Louise Hart e Martha Louise Smith – non tradotto in italiano ).
Alcuni saggisti hanno interpretato la loro amicizia come un rapporto sentimentale. In realtà i documenti a disposizione non ci consentono di avere un’idea molto chiara su di esso ma certamente le parole che Emily scrisse a Susan erano estremamente toccanti e profonde. Forse il rapporto tra Emily e Susan si può situare in quei rapporti al confine tra amicizia ed amore, delicati e intensi, abbastanza frequenti tra le ragazze del loro tempo piuttosto che una vera e propria relazione sentimentale. Ma qualche anno dopo la loro situazione cambiò radicalmente perché Susan si innamorò di Austin e viceversa e si fidanzarono per poi sposarsi nel 1856. Alcuni studiosi ritengono che questo matrimonio fu all’origine della prima crisi nervosa di Emily Dickinson anche se in realtà questa ipotesi non è verificabile. Però se realmente il sentimento di Emily verso Susan fosse stato un sentimento amoroso il matrimonio di quest’ultima con suo fratello sarebbe molto pesante emotivamente per lei. E ci si chiede quale fu il sentimento di Susan verso Emily?
Austin e Susan andarono ad abitare in una casa vicina a quella di Emily ed ebbero tre figli. Il loro matrimonio non fu sempre facile, infatti alcuni anni dopo Austin iniziò una relazione extraconiugale che durò molti anni.
Purtroppo nel 1885 una tragedia colpí i Dickinson: la morte di Gilbert, uno dei figli di Susan e Austin, a soli 8 anni, tragedia che colpì profondamente anche Emily.
Dell’età di 30 anni Emily non uscì più di casa, uscì solamente per recarsi al funerale dell’amatissimo nipote. La reclusione di Emily Dickinson è stata vista per lungo tempo in modo molto superficiale, lei fu frettolosamente giudicata come una eccentrica donna nubile che volontariamente si era reclusa in casa il che in realtà è altamente improbabile. E’ possibile che Emily Dickinson soffrisse di una malattia fisica ( è stata fatta recentemente l’ipotesi di epilessia perché sembra che ne soffrissero alcuni antenati di lei, la stessa malattia, allora inguaribile o non controllabile con i farmaci, che colpì anche Dostoevskij ) oppure di una forma di agorafobia e di attacchi di panico che sono oggi curabili con una buona psicoterapia e contenibili con alcuni farmaci che però sono stati scoperti solo dalla metà del Novecento.
Dobbiamo anche considerare che se Emily Dickinson avesse sofferto di quella che classicamente si chiamava in psicologia una nevrosi questa sarebbe stata vista dai suoi concittadini come qualcosa di molto strano, qualcosa di assolutamente inspiegabile perché la psicologia era allora, a metà 1800, appena agli albori. Quindi Emily Dickinson patì due grandi discriminazioni se non tre: la prima fu quella del suo talento non riconosciuto e che di conseguenza non poté diventare un lavoro che le avrebbe dato indipendenza economica dal padre, la seconda fu la sua situazione fisica o psicologica non riconosciuta e forse anche di una terza discriminazione molto pesante: i suoi sentimenti amorosi, i suoi affetti forse non esprimibili. Eppure se così fosse stato Emily Dickinson sarebbe riuscita a sopportare questi pesanti fardelli grazie alla sua grande arte, alla sua capacità di esprimersi nella poesia.
Nel 1951 Rebecca Patterson, una studiosa americana, pubblicò un saggio intitolato ” The Riddle of Emily Dickinson ” ( ” L’ enigma di E.D. – non tradotto in italiano ). Questo saggio suscitò scalpore. Rebecca Patterson fece una grande ricerca per mettere in luce l’amicizia tra Emily Dickinson e Kate Scott Turner ( più conosciuta con il nome di Kate Anthon, cognome del secondo marito ).
Kate era stata una compagna di scuola di Susan Gilbert e fece alcuni viaggi ad Amherst dove nel 1859 conobbe Emily.
Rebecca Patterson ha avuto accesso ai documenti originali, lettere e diari di lei in cui si parlava di Emily. I discendenti di Kate si inquietarono quando intuirono quale era l’ipotesi alla quale Rebecca Patterson era giunta: ella aveva fatto l’ipotesi di una storia d’amore tra Emily e Kate e non le consentirono di fotografare e pubblicare i documenti nel suo saggio. Un articolo su un sito ufficiale su Emily Dickinson sostiene che parte di quel materiale sia stato distrutto da qualche discendente di Kate Anthon. Pubblicare un saggio del genere in pieno maccartismo, su una poetessa che già allora era una icona della letteratura americana, ed ipotizzare che avesse potuto avere una storia d’amore con una ragazza e quindi aver avuto un orientamento sentimentale omosessuale o bisessuale, era molto coraggioso.
Si dice che Rebecca Patterson restò affascinata dalla personalità di Kate Anthon che emergeva dai suoi diari e dalle sue lettere. Quando Emily e Kate si incontrarono Emily aveva 29 anni, Kate era una giovane vedova, infatti aveva perduto due anni prima il primo marito.
Una ipotesi che è stata fatta é che Kate lasciò sentimentalmente Emily Dickinson causando il suo completo crollo nervoso ma anche questa è un’ipotesi che non ha sufficiente riscontro nella documentazione disponibile attualmente anche se é possibile.
Qualche anno fa è stato ritrovato un dagherrotipo di due donne e si è pensato che avrebbero potuto essere Emily e Kate. Il dagherrotipo ritrae le due donne in un atteggiamento amichevole ma non è certo che siano loro perché possedendo solo una foto certa di Emily da adolescente non é semplice riconoscerla nella donna adulta della fotografia.
Anni dopo Emily Dickinson ebbe un intenso carteggio con Otis Phillips Lord, un giudice molto più grande di lei che era stato un amico di suo padre, e quando Phillips Lord rimase vedovo si accennò per lettera all’idea di un matrimonio tra di loro, matrimonio che sembra che non andò in porto perché Emily avrebbe dovuto trasferirsi a Salem dove il giudice viveva.
I biografi le attribuiscono anche un amore platonico precedente per un pastore protestante Charles Wadsworth, che era sposato ed aveva alcuni figli, con cui ebbe un carteggio epistolare.
Come ha fatto giustamente notare un biografo della poetessa la sua presunta vita sentimentale ha suscitato un enorme interesse che non si è avuto verso gli scrittori ( uomini ) suoi contemporanei come Melville, Hawthorne, Poe, Henry James e i già citati poeti Longfellow e Whitman. Perché – ci potremmo chiedere – tanto interesse verso la vita privata una donna così riservata come Emily Dickinson ? Forse la risposta é che la presunta bisessualità della poetessa suscita curiosità e anche morbosità da parte del pubblico. L’amore tra donne nel passato resta coperto dal silenzio e dall’impossibilità della visibilità a causa della crudele discriminazione sociale e religiosa. Una storia non scritta e purtroppo in gran parte perduta perché l’omosessualità era ” l’amore che non osa pronunciare il suo nome ” come scrisse un altro poeta contemporaneo di Emily, l’inglese Alfred Douglas, compagno di Oscar Wilde.
Un’altra ragione può essere che quello che scandalizza nel XXI secolo non è più tanto la sessualità dopo Freud, Marcuse, Simone De Beauvoir e il femminismo ma il sentimento amoroso come moto dell’anima e questo sentimento si percepisce nelle poesie di Emily Dickinson.
Emily Dickinson visse in casa gli ultimi 30 anni della sua vita, scelse di vestirsi solo di bianco, simbolo di purezza ma anche per la tradizione dell’India il colore del lutto ( non sappiamo se Emily lo sapesse ma in un certo senso il suo fu un lutto ). Si dedicò intensamente a scrivere, pochi poeti hanno composto tante poesie come lei, a leggere i suoi amati autori come la poetessa inglese Elizabeth Barrett Browning , che era anche un modello di donna che era riuscita ad affermarsi con il suo lavoro, Charles Dickens e gli autori americani suoi contemporanei. Aveva anche un cane Terranova a cui aveva dato il nome italiano Carlo e che amava moltissimo.
Nel 1884 si ammalò di una malattia renale e due anni dopo morì. Le testimonianze ci dicono che non era assolutamente invecchiata, anche se allora una donna di 56 anni era considerata anziana essendo la vita media molto più breve di oggi, non aveva neppure un capello bianco ed era rimasta in un certo senso la ragazza che era sempre stata. E pochi giorni dopo la sua morte sua sorella Lavinia trovò forse per caso le sue poesie. Tra migliaia di versi uno in particolare ci rivela la bellezza interiore di Emily Dickinson : ” Se avrò impedito a un cuore di spezzarsi non avrò vissuto invano. Se allieverò il dolore di una vita o guarirò una pena o aiuterò un pettirosso caduto a rientrare nel nido, non avrò vissuto invano “.